Carissimo Presidente
è noto che gli aspetti riguardanti la politica
linguistica non rientrano nelle Sue priorità, diversamente da quanto avviene,
ad esempio, nelle Province di Bolzano e Trento che operano in contesti
multilingui analoghi, è cosa nota . L’abbiamo constatato in questi quasi cinque
anni della Sua Presidenza ed emerge con evidenza anche nella risposta che ha
dato alle osservazioni critiche del Segretario politico del Movimento Friuli
Marco De Agostini. Eppure la politica linguistica è settore che investe
profondamente la personalità e il benessere dei cittadini, la loro educazione,
la loro identità, la loro crescita culturale e professionale. Bisogni e diritti
primari come lo sono un lavoro dignitoso e condizioni economiche decorose. E’
tuttavia nello sviluppo delle capacità linguistiche che affonda la crescita
della personalità dell’individuo, dall’età infantile all’età adulta, e che
garantisce a ciascuno una piena ed efficace partecipazione alla vita culturale e
democratica di una comunità. Lo dice anche la nostra Carta Costituzionale. E
dice anche, riconoscendo l’eguaglianza di tutti i cittadini “ senza distinzione
di lingua” che è compito dell’intero complesso degli organi centrali e
periferici, legislativi, esecutivi e amministrativi dello Stato e degli enti
pubblici perseguire i compiti di una educazione linguistica efficacemente democratica
che rispetti, tuteli e valorizzi la diversità linguistica e culturale evitando
che le differenze si traducano in ghetti e gabbie di discriminazione, come
ostacoli alla parità.
Questi i sono principi che dovrebbero innervare l’agire politico di
tutti coloro che hanno la responsabilità di rappresentare noi cittadini nelle
istituzioni. Purtroppo non è stato così né nel Suo caso, né nel caso della Sua
giunta, dei Suoi assessori e di molti (troppi!) consiglieri. I fatti che Ella
ha elencato sono tardivi, insufficienti e rischiano di essere soprattutto
inefficaci. La legge regionale n.29 del 2007, approvata dopo anni di pressioni
e proposte da parte dell’opinione pubblica, è stata il frutto di compromessi e
mediazioni che non hanno tenuto conto dei reali bisogni e desideri di
apprendimento della lingua e della cultura friulana dei bambini e degli
adolescenti, i veri destinatari dell’intervento. Noi del comitato scientifico
dell’ARLeF avevamo presentato una proposta di legge innovativa elaborata sui
modelli più efficaci dell’educazione bilingue e plurilingue, rispettosa dei
tempi e dei modi necessari per avviare e arricchire il patrimonio linguistico
degli allievi attraverso continui ampliamenti e arricchimenti. La legge del
2007 già rispecchiava una pedagogia linguistica tradizionale, prevedendo di
operare settorialmente, nell’ora di friulano ignorando la necessità di
coinvolgere nello sviluppo delle capacità linguistiche non una, ma tutte le
materie, non uno ma tutti gli insegnanti. Il regolamento, approvato tardivamente,
durante il Suo governo, la scarnifica ulteriormente, poiché non è altro che
un’arida elencazione di norme organizzative e riduce il processo di
apprendimento/insegnamento a trenta ore annuali che rappresentano una
contraddizione in termini rispetto ai tempi richiesti dagli apprendimenti
linguistici dell’età infantile che richiedono tempi brevi e frequenti.
L’introduzione del friulano nel curricolo avverrà, infatti, soltanto a partire
dal prossimo anno scolastico e soltanto nelle scuole dell’infanzia e nelle
primarie.
Va denunciata inoltre la grave assenza
di un piano organico di formazione professionale degli insegnanti, formazione
che avrebbe dovuto costituire l’indispensabile presupposto per garantire agli
allievi e alle loro famiglie un insegnamento della lingua e della cultura
adeguato ed efficace. Quanti dei 700 insegnanti inclusi nell’elenco regionale ,possiedono
tali competenze? In base alla mia esperienza, avendo operato nei corsi di
formazione presso l’Università di Udine e nei corsi organizzati nelle scuole,
posso affermare che i docenti in possesso di una preparazione linguistica e
glottodidattica adeguata non superano i
100-120. Gli altri, non certo per colpa loro, avranno una qualche competenza
nella lingua e qualche conoscenza nel campo della cultura ( storia, geografia,
letteratura, tradizioni, cc.) ma non conoscono i principi dell’educazione
bi-plurilingue che comporta una approfondita conoscenza dei fatti di
lingua e di strategie di apprendimento
nelle diverse fasce d’età. Per dotarli di tale preparazione sono necessari
corsi universitari ( e postuniversitari ) che integrino la loro complessiva
formazione sul linguaggio e le lingue, di ordine teorico, psicologico e
sociologico e competenze sui processi educativi e le tecniche didattiche. Gli
insegnanti in formazione vanno sostenuti nella progettazione degli interventi,
nella scelta dei contenuti e nella organizzazione delle attività. La Regione
avrebbe avuto il dovere nei riguardi degli insegnanti che hanno espresso la
loro disponibilità ad affrontare l’esperienza dell’insegnamento e delle 39mila famiglie
che hanno dato il loro assenso di investire in questo settore e dare
all’Università la responsabilità e i
finanziamenti necessari per gettare le
solide basi che servono per una corretta applicazione della legge statale
n482/99 e la L.R.29/2007.
La nostra Regione potrebbe/dovrebbe
diventare un laboratorio per la formazione plurilingue dei cittadini europei
che valorizzando il ricco patrimonio di lingue native (il friulano, lo sloveno e il tedesco e, laddove
è possibile, le lingue della nuova immigrazione), l’italiano lingua seconda e
una ricca gamma di lingue straniere ( dall’inglese al francese, allo spagnolo,
all’arabo, al cinese ma anche al romeno, all’ungherese e alle altre lingue dei
paesi dell’Europa Centrale con i quali la nostra regione intrattiene rapporti
culturali e commerciali ) offrendo così anche un modello formativo al MIUR che
corregga gli errori e le storture che continua a commettere nelle esperienze
formative. Le segnalo, tra le più recenti, i corsi di TFA ( Tirocinio Formativo
Attivo ) le cui disfunzioni riempiono le pagine dei giornali e il MASTER di II
Livello per gli insegnanti delle 12 lingue minoritarie che prevedono di
realizzare a partire dal 2013 e che costituirà l’ennesima esperienza faticosa
e carica di frustrazioni per la classe
docente.
Spero che non considererà anche questo
mio intervento frutto di “mala informazione”. Nel maggio del 2011 Le avevo
chiesto un incontro chiarificatore, ma
Ella non ha avuto nemmeno la cortesia di rispondermi. Le rinnovo la mia
disponibilità ad un confronto, La ringrazio per l’attenzione e Le invio un
saluto cordiale.
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